Italia fanalino di coda in Europa per i prestiti bancari alle PMI

11/07/2023
FINANZA E INVESTIMENTI

Secondo un rapporto della banca di investimenti Jefferies basato sui dati della Banca Centrale Europea (BCE), alla fine di maggio in Italia il credito alle imprese è diminuito del 2,3% su base annua rispetto all’anno precedente. Per contestualizzare questo dato, basti pensare che in Germania è aumentato del 7,7% e in Francia del 6,2%. La media dell'Eurozona ha mostrato un aumento del 4% su base annua, e oltre all’Italia solo la Spagna ha registrato una diminuzione (-1,4%), sebbene in misura minore rispetto al nostro Paese.

La BCE non ha fornito spiegazioni specifiche sul diverso andamento dei prestiti nei vari Paesi europei, limitandosi ad affermare che l'orientamento restrittivo della politica monetaria sta influenzando le condizioni di finanziamento bancario, con un aumento dei tassi sui prestiti e un irrigidimento dei criteri per la concessione del credito. Il rallentamento dei finanziamenti bancari alle imprese è quindi, secondo la BCE, attribuibile a una domanda di prestiti più debole e all'inasprimento dei criteri di concessione del credito.

Le fragilità del sistema bancario italiano

Secondo gli analisti, alcuni motivi che potrebbero spiegare questa anomalia italiana nel divario tra l'andamento del credito e quello del PIL. Il primo riguarda le condizioni disomogenee dei settori dell'economia. Il settore manifatturiero in Italia continua a indebolirsi a causa della minore domanda mondiale e delle condizioni di finanziamento più restrittive nell'area dell'euro, mentre i settori dei servizi mostrano una maggiore resilienza. Dal momento che il settore manifatturiero richiede un maggiore accesso al credito rispetto al settore dei servizi, questa disomogeneità potrebbe spiegare parzialmente la differenza tra l'andamento del credito e quello del PIL in Italia.

Un secondo motivo riguarda i bilanci bancari, in particolare quelli delle banche italiane. A fine giugno era, infatti, sono scaduti i prestiti Tltro concessi negli anni precedenti dalla BCE, e le principali banche europee hanno dovuto organizzarsi per sostenere il rimborso. La metà degli operatori italiani, soprattutto le banche di piccole e medie dimensioni non disponeva della liquidità sufficiente per rimborsare i prestiti e avrebbe quindi dovuto ricorrere a nuove e più costose forme di finanziamento o ridurre l'esposizione creditizia. Questo potrebbe aver portato non solo ad una contrazione della domanda di credito in Italia, ma anche ad una riduzione dell'offerta (ricordiamo comunque che questo problema non sembrerebbe coinvolgere le banche più grandi).

Un ulteriore motivo potrebbe riguardare la remunerazione sui depositi bancari, che in Italia è tra le più basse in Europa. Durante la pandemia, molte aziende hanno accumulato ingenti quantità di depositi bancari, che ora si stanno riducendo rapidamente. Inoltre, per le imprese che dispongono di liquidità, autofinanziare la crescita aziendale potrebbe essere più conveniente rispetto a ricorrere a debito bancari pagando onerosi interessi.

Le banche italiane guadagnano dal rialzo dei tassi di interesse

Un aspetto indiscutibile è che le banche stanno traendo vantaggio dall'aumento dei tassi di interesse in questa fase. Secondo i dati della BCE di fine aprile, solamente il 12% dell'aumento dei tassi ufficiali è stato trasferito ai depositanti, mentre il 61% dell'aumento dell'Euribor è stato applicato ai prestiti destinati ai clienti. Questa differenza tra i tassi attivi sui depositi e i tassi passivi sui prestiti colloca le banche italiane al vertice della classifica dei principali Paesi europei. A partire da aprile, il divario tra i due tassi, che rappresenta il margine di interesse per le banche, era del 3,29% in Italia, mentre la media dell'Eurozona era del 2,94%. Di conseguenza, le banche italiane godono di un margine superiore rispetto a Francia (2,78%), Germania (2,92%) e Spagna (2,99%).

In conclusione, possiamo affermare che le differenze nel sistema bancario italiano rispetto ad altri Paesi europei contribuiscono certamente a rendere l'accesso al credito più difficile, soprattutto per le piccole e medie imprese. Come sappiamo in Italia le banche tradizionali dominano ancora il settore finanziario, mentre in altri Paesi europei le alternative finanziarie come il venture capital, i mini bond o il crowdfunding sono più sviluppate. Anche se ancora meno usate nel nostro Paese, queste soluzioni alternative sono un asset prezioso per offrire alle piccole imprese italiane una maggiore accessibilità al finanziamento rispetto alle tradizionali istituzioni bancarie.

 

Fonte : Alessandro Graziani per Il Sole24Ore



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