Equity crowdfunding e democratizzazione degli investimenti. Ecco perché ne abbiamo bisogno

27/05/2021
APPROFONDIMENTI

La pandemia da COVID-19 ha stravolto i piani produttivi e di investimento in Italia e nel mondo, generando incertezza e disorientando anche tra gli analisti e professionisti che all’avvio d’anno stimavano scenari congiunturali decisamente più positivi. 

I timori di una profonda depressione legati all’incertezza sull’evoluzione della pandemia e sulla capacità di contenimento della stessa, unitamente alle difficoltà di cogliere e misurare gli effetti delle politiche monetarie e fiscali adottate, hanno creato condizioni generalizzate di forte instabilità dei mercati. 

L’Italia, che come noto presenta un’economia strutturalmente debole e un indebitamento crescente rispetto al PIL anche in epoca pre-COVID-19, si candida ad essere fra i Paesi che maggiormente subiranno gli effetti negativi della pandemia, come già la contrazione del Pil di 8.9% nel 2020 indica chiaramente. 

Nel contesto sopra descritto, ci sono segnali in controtendenza e, soprattutto, opportunità da sondare. L’equity crowdfunding non fa eccezione tra le nuove modalità di interpretare gli investimenti. Non solo il mercato è stato in forte crescita in tempi non sospetti come il 2019, ma anche durante tutto il 2020 i segnali sono stati molto positivi. 

Le radici del crowdfunding in Italia

Pochi sanno che quindici anni fa l’Italia è stato uno dei primi Paesi in Europa a sviluppare un vero e proprio laboratorio di crowdfunding. E’ del 2005, infatti, la prima iniziativa di questo tipo nel Bel Paese, per opera della piattaforma Produzioni dal Basso, rispetto alla quale persino la celeberrima Kickstarter, nata nel 2009 in USA, appariva come una follower. 

Nonostante i pioneri, bisognerà attendere il 2013 per vedere il fenomeno emergere e manifestare la sua voglia di crescere in Italia. Il 2013, infatti, è l’anno della proliferazione delle piattaforme, ma è anche l’anno in cui nasce la normativa italiana che regolamenta questa forma di raccolta. 

L’interesse cresce e si capisce che l’accesso a strumenti di crowdfunding possono costituire un boost straordinario per il nostro tessuto economico, fatto per il 99% da PMI. Così la Consob estende dapprima la possibilità di raccolta su piattaforma anche alle PMI innovative, superando quindi l’iniziale vincolo per cui solo le startup con caratteri di innovazione avrebbero potuto raccogliere capitali con questo strumento. Nel 2018 un’ulteriore svolta amplia il ricorso all’equity crowdfunding estendendolo a tutte le PMI. 

Crowdfunding e democratizzazione dell’accesso al capitale

Forse non possiamo ancora parlare di vera e propria democrazia nell’accesso alle risorse finanziarie, ma sicuramente di un processo di apertura che sta portando anche le piccole realtà innovative del nostro Paese ad avere nuove opportunità di raccogliere mezzi freschi per il loro sviluppo. 

Grazie al crowdfunsing, anche l’investimento diventa un fenomeno di democratizzazione: investitori di grandi e piccole dimensioni possono finalmente accedere in tutta libertà all’economia reale, senza fee, senza avvalersi di gestori di portafogli o delle banche. 

Il vero elemento di novità è l’incremento dell’investimento medio (quasi 9.690 euro a marzo 2020 contro i 6.280 del mese precedente) a fronte di un numero di investitori drasticamente più basso (161 a marzo 2020 contro i 67 del mese precedente), segno probabilmente che il pubblico dell’equity crowdfunding sta mutando: meno clientela retail, più investitori di alto profilo.

Le piccole e medie aziende italiane stanno dimostrando che si può creare valore anche pochi anni dopo che si è nate, se si è in possesso di un’idea innovativa, di un team di professionisti di alto livello e modelli di business sostenibili. 

In Italia il mondo della startup è stato sempre ai lati dell’imprenditoria: gli investimenti sono piccolissimi rispetto a quelli degli altri paesi europei, circa un decimo. Le esigenze delle start up sono sentite meno dalla politica italiana rispetto a quelle delle altre piccole e medie imprese. 

L’equity crowdfunding ha riempito questo vuoto mettendo gli investitori in contatto diretto con le opportunità delle nuove iniziative imprenditoriali, e offrendo gli imprenditori la possibilità di accedere al capitale in modo veloce e diretto. 

Cresce l’interesse per le aziende innovative italiane

Secondo l’Osservatorio Open Innovation e Corporate Venture Capital crescono gli investimenti nelle startup tecnologiche da parte delle aziende italiane ed estere. I Corporate Venture Capital sono infatti sempre più presenti nelle startup innovative e lo fanno con l’obiettivo di scommettere su imprese in qualche modo legate al loro settore di competenza.

In questo quadro il Ministero dello Svilippo Economico non poteva restare alla finestra. A inizio 2020 è nato il Fondo Nazionale Innovazione (FNI). La sua ragion d’essere è la convinzione che l’innovazione tecnologica sia essenziale per la crescita e la competitività del nostro paese. 

L’FNI è una Sgr multifondo che opera attraverso metodologie di venture capital, combinando risorse pubbliche e private. Ha a disposizione un miliardo di euro come dotazione finanziaria di partenza con l’obiettivo di riunire e moltiplicare le risorse per le startup, che avranno a disposizione non solo più interlocutori cui chiedere i capitali, ma anche di maggiore dimensione. 

I presupposti per un 2021 promettente per l’equity crowdfunding italiano ci sono tutti. Che cosa ci possiamo aspettare per il futuro?



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