La conferenza su clima svoltasi a Glasgow la scorsa settimana si è conclusa con un misto di soddifazione e scontento.
E’ indubbia l’evoluzione in senso positivo dalla firma del Protocollo di Kyoto del 1997, che vedeva impegnate solo le nazioni industrializzate (tranne Canada e Usa), all’Accordo di Parigi del 2015. In quella occasione venne adottato l’importante target dei 2 °C da non superare rispetto all’era preindustriale (ma senza impegni vincolanti).
Quest’ultima conferenza è stata fortemente influenzata dalla decisiva pressione di milioni di giovani mobilitati nelle strade di mezzo mondo. Ricordiamo che la Commissaria UE, Ursula von Der Leyen, ha esplicitamente sottolineato di essersi decisa ad alzare il target europeo di riduzione delle emissioni al 2030 dal 40 al 55% rispetto al 1990 proprio dalla sollecitazione venuta dalle marce di giovani che hanno invaso le città.
Questi gli obiettivi prefissati, tra impegni importanti e malumori
Tra i sisultati positivi, annoveriamo l’obiettivo di un incremento massimo della temperatura globale a 1,5 °C (oggi siamo a 1,1 °C). Naturalmente si tratta di un obiettivo tutt’altro che scontato. Ma da questo punto di vista, un secondo risultato importante riguarda la richiesta, a tutti i paesi che non l’hanno ancora fatto, di alzare i propri obiettivi di riduzione al 2030 presentandoli alla prossima conferenza che si terrà a novembre 2022 in Egitto.
E’ da considerare significativa anche la decisione di bloccare la deforestazione entro il 2030 (anche se si sarebbe dovuta anticipare la data) e di ridurre del 30% le perdite di metano, dall’estrazione ai gasdotti, dannosissime per il clima.
Tra i limiti, va sottolineata la sostituzione all’ultimo minuto dell’impegno a “intensificare gli sforzi verso la riduzione”, e non più “verso l’eliminazione”, del carbone senza sistemi di cattura dell’anidride carbonica (molto costosi e applicabili solo per una parte delle centrali) e la fine dei sussidi ai combustibili fossili inefficienti. Il passaggio dal “phasing out” al “phasing down” imposto da India e Cina ha provocato molti malumori tra i delegati.
Sui 100 miliardi annui da dare ai paesi poveri più colpiti dai danni climatici si continua purtroppo a rimandare, ma con la promessa di raddoppiare la cifra dopo il 2025.
La forte spinta sulle energie rinnovabili
Il documento finale della Cop26 di Glasgow contiene fra le altre cose un invito ai governi ad accelerare sulle fonti rinnovabili per la produzione elettrica.
Le tecnologie rinnovabili offrono significativi vantaggi in termini di creazione di posti di lavoro, sicurezza energetica, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, produzione di cibo e acqua, riduzione della povertà e creazione di imprese.
E’ stato riconosciuto come il continente africano – che ha il 13 per cento della popolazione mondiale ed è in grado di usare solo il 4 per cento dell’energia del pianeta sia un laboratorio per sperimentare soluzioni innovative con una mentalità nuova, quell’innovazione su cui anche l’Europa e l’Italia stanno scommettendo per conquistare la transizione energetica.
E’ importante notare come il mercato delle energie sia un importante catalizzatore per lo sviluppo economico, oltre che il modo più sostenibile di produrre energia nel lungo termine. Nel nostro paese, il Sud – dove si concentra il 40,2% delle energie pulite complessivo – sta facendo passi avanti importanti sul piano dell’efficientamento energetico dei processi produttivi e nell’utilizzo di energie rinnovabili. Il nostro Mezzogiorno vale il 37,4% della potenza fotovoltaica, il 96,5% della potenza eolica ed il 27,2% della potenza degli impianti a bioenergie. Andando ad analizzare ambiente e sostenibilità, la bioeconomia nel Mezzogiorno vale 23,6 miliardi di euro di Valore aggiunto, il 6,7% del totale economia dell’area (6,4% in Italia) ed il 23,6% del dato nazionale.
La strada è ancora lunga...
A livello globale, la trasizione verso le energie pulite però avviene con preoccupante lentezza. In primo luogo occorre sottolineare come, oggi, gli investimenti nelle rinnovabili rappresentano soltanto una frazione (pari a un terzo) di quelli che sarebbero invece necessari, e questo stato di cose è dovuto soprattutto ai ritardi delle economie in via di sviluppo che non godono di sufficienti aiuti da parte dei Paesi più ricchi per compiere gli auspicati progressi nell’accesso universale all’energia.
Che la ricetta energetica del futuro debba avere più fotovoltaico ed eolico e meno carbone è una necessità per la salute dell’uomo e dell’ambiente. La strada verso un mondo fatto di energie rinnovabili è ancora lunga ma importanti segnali arrivano anche dal mondo dell’econimia. Un progetto interessante per affiancare la piccole e medi aziende italiane nella transizione energetica è quello proposto da Noleggio Energia, che presto sarà live sulla nostra piattaforma con una campagna di raccolta fondi. Maggiori informazioni su questa realtà molto innovativa sono disponibili qui.