Private debt, la svolta dell’accesso al credito tra alti rendimenti e rischi controllati

21/09/2022
FINANZA E INVESTIMENTI

Mentre il mercato dei capitali ‘tradizionali’ soffre stretto nella morsa dell’inflazione, dai tassi in rialzo e dal rischio di recessione, c’è un comparto del mercato che cresce e gode di ottima salute: il private debt.

Il private debt si sviluppa come forma di finanziamento derivante principalmente da investitori istituzionali come fondi e società di investimento (ad esclusione delle banche), ma anche da privati. Rispetto alle obbligazioni corporate di società quotate, questi titoli di debito ​​sono generalmente illiquidi e non negoziati su mercati regolamentati. Le operazioni di private debt, infatti, si svolgono generalmente su piattaforme dedicate al digital lending.

Il private debt ha dimostrato in questi anni di essere una asset class di crescente rilievo e destinata a occupare in Italia la stessa importanza che si riscontra negli altri Paesi europei. AIFI, l’associazione italiana del private equityventure capital e private debt, ha recentemente presentato i dati di una ricerca condotta in collaborazione con Deloitte.

Nel 2021 sono stati investiti complessivamente, nel mercato italiano del private debt, 4,6 miliardi di euro, includendo tutte le attività di debito privato, cioè non solo il private debt in senso stretto, ma anche le piattaforme di digital lending, il distressed debt e gli investimenti dei fondi.

A stimolare la crescita ci sono gli alti rendimenti del direct lending che includono già di per sé un premio per non essere immediatamente liquidabili e riescono a tenere testa ad altre asset class paragonabili per livello di rischio.

Negli Stati Uniti, il Cliffhanger Direct Lending Index che misura l’andamento del debito privato ha sovraperformato rispetto ai concorrenti sui mercati liquidi per 12 degli ultimi 17 anni. In Europa il settore è più giovane e non esiste ancora un indice simile che permetta di effettuare confronti significativi con gli USA.

Le stime di Prequin, danno il valore degli asset in gestione al private lending in crescita del 13,5% all’anno a livello mondiale, rispetto all’11,5% di private equity & venture capital e del 9% del real estate. Lo stesso rapporto prevede il passaggio dagli attuali 372 miliardi di dollari in asset amministrati attraverso il private lending in Europa a 877 miliardi entro il 2026. Questo permetterà al debito privato di sorpassare l’immobiliare ed attestarsi al secondo posto tra le forme di finanziamento alternative, alle spalle soltanto di private equity & venture capital.

A favorire il ricorso al private debt, ci sono anche le garanzie offerte agli investitori in Europa (quasi esclusivamente coventant e quindi meno rischiose dei leveraged loans che sono al 97% convolite) e processi di selezione più affidabili basati su due diligence approfondite.

In Italia, il 51% dei finanziamenti raccolti con il private lending va a supportare progetti core di sviluppo e crescita dell’azienda, mentre il 37% è diretto al finanziamento di operazioni LBO (Leveraged BuyOut), ovvero di acquisizione di un’azienda. Qui sono spesso coinvolte società di private equity, che quindi svolgono i BuyOut con l’aiuto del private debt. Vi è poi una quota residuale dell’11% rappresentata dal rifinanziamento di un debito già esistente.

E’ interessante notare come il private debt nella maggior parte dei casi si affianchi in modo complementare ad altri strumenti di finanza alternativa che si stanno affermando per agevolare l’opera di sviluppo e rafforzamento delle imprese. Questi strumenti, assieme, danno vita a forme di diversificazione degli investimenti che sono vitali in un’epoca in cui le crisi - come stiamo vedendo - si succedono a breve distanza le une dalle altre, limitando l’accesso a l’una o l’atra modalità di finanziamento o capitalizzazione.



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